L’uccisione dell’afroamericano George Floyd, commesso da agenti di polizia negli Usa, ha scatenato una serie di proteste. Le manifestazioni, a cui hanno partecipato numerose persone, hanno causato due tipi di reazioni : alcune pacifiche mentre altre sono sfociate in atti vandalici contro statue e monumenti a causa del loro riferimento a personaggi storici “razzisti”.
Negli USA è stata colpita per prima la statua di Cristoforo Colombo, ma le proteste si sono diffuse oltre il confine americano. Infatti, in Italia è stata danneggiata la statua di Indro Montanelli e in Gran Bretagna è stato imbrattato il monumento dedicato a Winston Churchill.

I periodi storici degli edifici e delle statue sono differenti e, di conseguenza, il giudizio verso le figure storiche non può essere dato in base ai valori odierni. Ad esempio, Churchill deve essere giudicato in base al tempo storico in cui ha vissuto.
Probabilmente, a causa dei cambiamenti sociali e culturali avvenuti nel tempo, si rischia di pensare che tutto ciò che è accaduto è da cancellare, ma la storia non si deve eliminare.
Cicerone, infatti, diceva che la storia è maestra di vita. L’uomo, infatti, dovrebbe arricchirsi dalla storia, prendendo ciò che vi è accaduto di positivo, al fine di avere un futuro migliore evitando gli errori commessi in passato. Alcuni argomenti ,appartenenti sia al passato che al presente, rimangono in sospeso: uno tra questi è il razzismo.
Alessandro Barbero, storico torinese, afferma: “Abbattere le statue è, a sua volta, una forma di razzismo”. Questo vandalismo, nei confronti delle statue, simboleggia il fatto che ci si possa ritenere superiori rispetto a coloro che hanno deciso di innalzarle e, forse, anche verso il personaggio rappresentato.
In aggiunta a ciò che è stato appena esplicitato, le azioni come queste si possono considerare un reato in Italia. Nell’articolo 20 del Codice si parla di gesti assolutamente vietati: “I beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico […]”.
Le città, così come le piazze, devono essere luoghi per far sentire la voce del popolo : sono le leggi che possono sconfiggere l’avversione e i vari concetti ostili, non la violenza. Coerentemente con quanto appena affermato, è difficile trovarsi in accordo con l’opinione espressa da Michael Walzer : “Le loro statue erano state erette per un motivo politico, e quindi possono essere tolte per un motivo politico”. La distruzione delle statue, causata da un motivo politico, è vana se è l’essere umano a non cambiare. Bisognerebbe guardare il secolo precedente e il presente per rendersi conto che il razzismo è anche una responsabilità dell’uomo : questi atti, probabilmente, sono uno sfogo di ignoranza.
L’abbattimento di un monumento non implica la possibilità di cancellare la storia, ma quella di eliminare la memoria che non concerne solo quella di un uomo, ma di un intero popolo e di un’intera epoca. Infatti, se queste memorie venissero cancellate, alla fine non rimarrebbe quasi nessuna testimonianza del passato. Proprio come afferma Giordano Bruno Guerri, storico e giornalista: “Se dovessimo abolire le personalità storiche che hanno avuto delle macchie nella loro vita, non rimarrebbe quasi più nessuno“.
Inoltre, alcune persone dichiarano che : la memoria non è storia, proprio come le statue non sono e non possono sostituire i libri di storia. Dal mio punto di vista, distruggere una statua non è corretto mentre credo che possa esserlo la decisione di metterla in un luogo diverso, come in un museo. Questo perché l’uomo è caratterizzato dall’unione inseparabile tra bene e male, come ci ricorda appunto il filosofo Walzer; quindi non ritengo che le azioni degli uomini siano ragionevoli, ma considero importante il ricordo di questi uomini contrassegnati, così come l’essere umano, da una complessità alterna tra pregi e difetti
